Lo sguardo oltre di Giusi Sereno La mostra si articola in tre sezioni: Le Didi – I Ritratti – Gli Adolescenti. Pur trattando temi diversi le tre sezioni sono accomunate dallo spogliarsi dell’uomo delle convenzioni, delle conoscenze delle certezze per restare a tratti svuotato e privato della propria identità e a tratti consapevole del proprio smarrimento di fronte all’abominio delle violenze che si consumano in una realtà di silenzi e di accondiscendenze.Ancora una volta Cristina dimostra di muoversi e di passare, con grande sensibilità e maestria, dal registro strettamente personale a quello sociale intersecando esperienze del proprio vissuto a questioni di ampio respiro mantenendo un serrato rapporto fra individualità e collettività, fra micro e macro, fra l’unicità del soggetto e la serialità dell’oggetto. Le Didi rappresentano la ricerca di sintesi fra natura e cultura e sono la prova dello scollamento che si viene a creare fra l’instintualità e la conoscenza, fra l’essere e il dover essere condizionato dal sapere stratificato che porta alla deformazione e alla inevitabile decomposizione della forma. La riflessione sul concetto di esteticità conduce Cristina ad esprimere un’idea di bello che va al di là di qualsiasi indicazione iconografica tradizionale. I rapporti proporzionali si modificano eppure le Didi si flettono in sinuosi movimenti di rara grazia ed eleganza disegnando delicate parabole di una danza che si perde in tempi lontani. Nelle Didi bidimensionali si sovrappone all’immagine la scrittura che oserei definire quasi automatica. La ripetitività della gestualità meccanica dello scrivere induce allo svuotamento del significato della parola. Il linguaggio scritto perde il valore convenzionale e diventa forma grafica così come i numeri, privati di una sequenza logica, diventano rappresentazione della casualità mentre la serialità delle immagini fotografiche ci obbliga a prendere atto della trasformazione della materia. La forma si riempie e si svuota di contenuti-forza appartenenti alla storia e alla realtà dell’uomo. Le Didi sono strane creature che denunciano l’urgenza di perdersi in mondi incontaminati nei quali è possibile abbandonarsi a piaceri primordiali.Siamo invitati a guardare, con gli occhi delle Didi, oltre le convenzioni, le conoscenze e le certezze per ritrovare l’innocenza perduta. I Ritratti ci ricordano il perdurare della pena di morte voluta da chi si arroga il diritto di giudicare e condannare un atto di violenza con un altro atto di violenza. Sfilano davanti a noi, in una tetra teoria, lugubri visi di anonimi condannati. Uno solo ha un’identità precisa: è l’ultimo uomo del macabro corteo ma dopo di lui altri e altri ancora saranno giustiziati. Gli adolescenti si animano e prendono forma dall’inconsistenza del vuoto. Soli, nudi ed evanescenti vivono in spazi immateriali a richiamare l’attenzione degli adulti. Hanno mani e occhi scuri, sporchi, segnati dalle colpe dei padri e sembrano chiederci: si nasce già con l’idea di condannare in base a ciò che si vede? Rassegnati a non avere risposte aspettano e il loro stare appare senza una meta o un senso. Ne emerge la difficoltà di vivere in un contesto che non premia, ma anzi ostacola i moti affettivi. Giusi Sereno Savigliano, 21 maggio 2010 Per la mostra “IN – stallo”, Ppazio Agorà, Savigliano